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Dal Covid o dai virus influenzali una protezione contro i tumori

Oncologia Redazione DottNet | 11/05/2021 14:22

Studio del Pascale di Napoli. La memoria immunitaria indotta dalle infezioni virali o batteriche (micro-organismi) nel corso della vita di ogni singolo individuo potrebbe rappresentare una “vaccinazione naturale” anti-tumorale

I virus influenzale o addirittura il Covid potrebbero aiutare a prevenire un tumore. Secondo uno studio dell’Istituto dei tumori di Napoli che descrive un concetto completamente innovativo, parrebbe che sia possibile. Per la prima volta, infatti, in letteratura si definisce l’omologia tra antigeni tumorali umani ed antigeni virali.  Il concetto è che se si è stati esposti ad un virus nel corso della vita, che sia una semplice influenza o il coronavirus, e si è stabilita una memoria immunitaria, si può essere protetti da un tumore o si può controllarne la crescita molto più efficacemente.
Le porte su nuovi e inediti scenari che potrebbero rivoluzionare l’approccio ai tumori, si sono spalancate dal laboratorio di Modelli Immonologici Innovativi del Pascale, diretto da Luigi Buonaguro. Una nuova prospettiva che per ora ha trovato sostegno sulle pagine di una delle dieci riviste scientifiche di immunologia più importanti al mondo, The Journal for Immunotherapy of Cancer.

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Deus ex machina dello studio, due giovani ricercatrici, Concetta Ragone, specializzanda di 30 anni e Carmen Manolio, laureata di primo livello di appena 23 anni. Quello che hanno evidenziato le due ricercatrici, supportate da tutta l’equipe di Buonaguro, è che la memoria immunitaria indotta dalle infezioni virali o batteriche (micro-organismi) nel corso della vita di ogni singolo individuo, incluso i batteri presenti nel nostro apparato gastro-enterico, può rappresentare una “vaccinazione naturale” anti-tumorale.
 
Infatti, se un tumore si sviluppa nel corso della vita in un individuo, esprimendo antigeni simili o identici ai microrganismi, le cellule della memoria immunitaria già presenti nell’organismo di tale individuo possono reagire in maniera rapida ed efficace contro il tumore. Di conseguenza, maggiore è il numero di micro-organismi a cui ognuno è esposto nel corso della propria vita, maggiore è lo spettro di antigeni contro cui viene indotta una memoria immunitaria, maggiore è la probabilità che il sistema immunitario possa riconoscere antigeni tumorali eliminando le cellule tumorali nelle fasi iniziali e prevenendo così la progressione del tumore.
 
Tra i virus con cui è stata identificata tale omologia di sequenza ci sono il virus influenzale, i virus erpetici, i papillomavirus. “Questa scoperta è stata confermata – spiega Luigi Buonaguro – dalla dimostrazione che linfociti umani sono in grado di cross-reagire nei confronti dell’antigene tumorale e del suo omologo virale. Ovviamente tutto ciò apre anche un nuovo orizzonte per lo sviluppo di vaccini preventivi e terapeutici anti-cancro di prossima generazione. Infatti, l’uso degli antigeni virali omologhi ad antigeni tumorali non solo può indurre una risposta preventiva anti-tumorale ma può essere più efficace nell’indurre una risposta terapeutica contro il tumore”.
 
Per il direttore scientifico del Pascale, Gerardo Botti, ci troviamo dinanzi a un concetto totalmente rivoluzionario: “La nostra vocazione alla ricerca traslazionale, ed in particolare di quella ‘indipendente’, ancora una volta ci ha indirizzato verso una scoperta davvero importante. In pratica si introduce un concetto totalmente innovativo nella lotta ai tumori, che sancisce il rapporto tra esposizione ad un virus nel corso della vita e la memoria immunitaria generata. nei confronti del virus stesso. Questo meccanismo può essere alla base di una difesa molto efficace, fino alla protezione, nei riguardi di un tumore”. La pubblicazione del team di Buonaguro arriva a pochi giorni da un’altra pubblicazione, quella di altri tre ricercatori del Pascale, Ottaiani, Nasti e Scala sulla rivista Therapeutic Advances in Medical Oncology con cui è stato evidenziato che alcuni pazienti affetti da tumore al colon metastatico, trattati con terapie tradizionali, hanno visto regredire la malattia dopo essere risultati positivi al Covid.

Per il direttore generale del più grande polo oncologico del Mezzogiorno, Attilio Bianchi, le nuove frontiere individuate in questo e altre ricerche del Pascale, “aprono scenari di sicuro interesse e di nuove prospettive. Complimenti davvero ai nostri ricercatori e a tutto l’Istituto che, come per la componente assistenziale, anche sulla ricerca non si è mai fermato”.

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